venerdì 27 giugno 2014

Dalla pancia, Lettera di un bimbo alla mamma.


Fra poco nascerò, mamma. Ho già cominciato a conoscerti, anche se, nel caldo buio dei tuo utero, io non posso immaginare il tuo volto. Però ti conosco un poco, quando tu e papà mettete una mano sulla tua pancia, per sentire se ci sono.
Sì, ci sono: ho voglia di esserci: quando, inseguendo le istruzioni della vita, spingerò per uscire e il mondo sconosciuto mi si precipiterà addosso, so che ci sei tu. Vorrei subito riposare su di te, proprio nel momento in cui strillerò per respirare: vorrei sentire subito il tuo calore, per imparare che io e te siamo un intero. Tutti e due poi faticheremo, pian piano, ad imparare che non siamo una cosa sola. Quando io urlerò inquieto, tirerò fuori tutto il mio fiato, sarò preda di strane imperscrutabili rabbie (per i rumori, per il bagnato, per i colori violenti, per il mio panino, per il vomito che mi affiora, per il sonno cui non riesco ad abbandonarmi, per.. per...), mi basterà che tu mi tocchi la manina grinzosa, basterà che tu mi tenga disteso fra le tue braccia, basterà...

Lo so che a te non sembrerà bastarmi per niente: perché continuerò ad urlare, magari. Ma non pensare che tu non mi basti, che tu non mi raggiungi, che tu non ci sai fare. Non pensarlo, mamma. Perché questo mi allarmerebbe e così io non potrei calmarti perché tu calmi me: è un circolo, lo sai. Un circolo sorprendente, con i suoi lati misteriosi: tu farai la scoperta, meglio l'esperienza, che io dipendo da te e io che tu dipendi da me, perché sarò io a farti appagata e serena quando risponderò alle tue cure.

Sai, troveremo il nostro posto; un posto che già intuisco: è quella poltrona alta, bianca, un po'rigida, con grandi cuscini. Già da ora, quando mi pensi, ti rilassi li. E mi senti. A proposito, cosa pensi? Già vi date da fare per me, ormai non parlate d'altro, già, quasi per scherzo, papà ti chiama «mamma». Anche tu lo chiami papà, vero? E gli permetterai di toccarmi, di farmi il bagnetto, di cambiarmi, di addormentarmi? Così sarò ancora più sicuro, perché imparerò che voi due, per me, siete scambiabili e, quando ci sarà uno, io sarò sicuro come quando ci sarà l'altro.

Oh, non proprio scambiabili: il latte lo prenderò dal tuo seno e, quando lo sentirò morbido, pieno, con quell'odore che imparerò subito a distinguere, allora sarò "restituito" all'intero. Il latte buono, che mi nutre e mi rassicura, metterà un punto fermo alle angosce indistinte del mio mondo interno, là in quel punto segreto dove io "so" di essere buono: perché sono stato nutrito, riempito con la sovrabbondanza; al punto che ti sembrerò una botticella colma che lascia perfino rigurgitare il di più.

Ma il tuo seno sarà anche il mio primo mondo esterno, ed è grazie ad esso che deciderò che il mondo è un luogo di cui ci si può fidare, che vale la pena di vivere, che tue papà generandomi mi avete dato questa buona notizia.
E imparerò ad aspettare, sai, perché i tuoi ritmi mi rassicureranno: quando sentirò i crampi della fame spadroneggiare nel mio piccolo stomaco, imparerò dai tuoi gesti che si ripetono che arriverà il nutrimento.

Ecco perché, io e te, siamo un intero, anche se poi ci separeremo: io sarò tuo figlio, per sempre. E' un legame. Il primo dei legami che mi fanno essere uomo.

Il tuo primogenito.

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